L’abbazia di San Galgano è una struttura cistercense e, quando si parla dei Cistercensi inevitabilmente vengono coinvolti i Cavalieri Templari con i loro miti e leggende. Nella cappella di San Galgano, luogo di culto cattolico che si trova in località Montesiepi nel territorio del comune di Chiusdino, in provincia di Siena, vi è conservata la spada che, secondo la tradizione, Galgano Guidotti avrebbe infisso nella roccia in segno di rinuncia alla vita mondana. Simbolicamente è presente una forte connessione con il mito arturiano, ma il particolare più interessante è sigillato nella differenza tra il gesto di San Galgano e quello di Re artù. San Galgano, infatti, infigge la spada nella roccia, con gesto simile, ma inverso a quello di Artù che la estrae. Attraverso quello che sembra essere un vero e proprio rituale di Iniziazione, San Galgano decide di fermare la lotta espressa con la lama d’acciaio levigato per passare alla sola battaglia eseguita con la “parola” splendente e fulminante: il “Logos”.

Di san Galgano, titolare del luogo che si festeggia il 3 dicembre, si sa che morì nel 1181 e che, convertitosi dopo una giovinezza disordinata, si ritirò a vita eremitica per darsi alla penitenza, con la stessa intensità con cui si era prima dato alla dissolutezza. Nel luogo della morte di san Galgano fu edificata una cappella terminata intorno al 1185 per volontà del vescovo di Volterra Ugo Saladini, mentre, il suo successore Ildebrando Pannocchieschi, promosse invece la costruzione di un vero e proprio monastero. Negli ultimi anni della sua vita Galgano era entrato in contatto con i Cistercensi e furono proprio loro a essere chiamati a fondar la prima comunità di monaci che risulta già attiva nel 1201; a quel tempo la chiesa di Montesiepi risultava come una filiazione dell’abbazia di Casamari, luogo carico di mistero e spiritualità che ho avuto il piacere di visitare di persona grazie alla mia fidanzata Valentina Grimaldi.

Tornando all’abbazia di San Galgano, consacrata nel 1288, fu un centro di contatto tra potere spirituale e materiale, infatti, la grande ricchezza dell’abbazia portò i suoi monaci ad assumere una notevole importanza economica e culturale tanto da spingere la Repubblica di Siena a stringere stretti legami con la comunità. Nel XIV secolo la situazione incominciò a peggiorare: prima la carestia del 1328 poi la peste del 1348, che vide i monaci duramente colpiti dal morbo, portò all’arresto dello sviluppo del cenobio. A causa della crisi, nel 1474 i monaci fecero edificare a Siena il cosiddetto Palazzo di San Galgano e vi si trasferirono, abbandonando il monastero.

Nel 1503 l’abbazia venne affidata a un abate commendatario, una scelta che accelerò la decadenza e la rovina di tutto il complesso. Il governo degli abati commendatari si rivelò scellerato, tanto che uno di loro, alla metà del secolo, fece rimuovere per poi vendere la copertura in piombo del tetto della chiesa: a quel punto le strutture deperirono rapidamente. Nella prima metà del Settecento il complesso risultava ormai crollato in più parti. Nel 1781 crollò quanto rimaneva delle volte e nel 1786, dopo che un fulmine lo aveva colpito, crollò anche il campanile; si salvò la campana maggiore, opera del trecento, ma per poco, infatti pochi anni dopo venne fusa e venduta come bronzo. Negli anni seguenti l’abbazia venne trasformata addirittura in una fonderia, fino a che nel 1789 la chiesa fu definitivamente sconsacrata e abbandonata. I locali del monastero invece diventarono la sede di una fattoria e vennero parzialmente restaurati già nei primi decenni del XIX secolo. Nel 1924 si iniziò il restauro eseguito con metodo conservativo per opera di Gino Chierici, che si ispirò ai principi di John Ruskin. Non furono, quindi, realizzate ricostruzioni arbitrarie o integrazioni: si decise semplicemente di consolidare quanto rimaneva del monastero.

La spada della roccia vi è ancora presente, simbolo che evoca costantemente l’intreccio tra storia, mito e leggenda, lasciando risuonare in eterno l’eco del mistero.

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