Immaginate di poter viaggiare nel tempo. Torniamo indietro, nell’Alto medioevo. Eccoci qui, siamo ad Arce, una piccola città in provincia di Frosinone. Proprio qui, forse, tra i secoli VIII e IX sorse la primitiva chiesa dei Santi Pietro e Paolo, però, da un’iscrizione nell’abside apprendiamo come la chiesa fu edificata tra il 1702 e il 1744; consacrata il 17 dicembre di quell’anno dal Vescovo diocesano S.E. Mons. Antonio Spadea. La tradizione vuole che fosse stata costruita con il lavoro spontaneo di tutta la popolazione.. Situata nella piazza racconta la presenza di un sapere antico, ma sempre nuovo. La stupenda chiesa al suo esterno con la sua estetica fissa i nostri ricordi nel passato visibile ai nostri occhi, mentre al suo interno, attraverso l’arte, narra la Bibbia, la storia del cristianesimo e l’eternità della vita.

Entrando in luogo sacro è solito alzare gli occhi verso il cielo, e proprio lì in alto, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Arce notiamo il cornicione. In alto vi sono otto angeli in stucco che reggono, iniziando di fronte da sinistra verso destra: la tiara, il pastorale, la pianeta, il messale, la stola, il manipolo, la berretta e il cappello. Cosa raccontano queste decorazioni?

Gli 8 angeli rappresentano le entità del cielo ed il numero 8 è da sempre considerato il simbolo dell’infinito. Mentre la tiara, è una particolare corona utilizzata dai papi a partire dal medioevo fino alla seconda metà del secolo XX come simbolo di sovranità. Si tratta di un copricapo extra-liturgico con infule, utilizzato particolarmente nel corso della cerimonia dell’incoronazione, di foggia conica (su modello delle tiare mediorientali) più o meno rigonfia, inanellato da un numero di diademi via via accresciutosi sino ad un numero di tre (da cui il nome triregno) e sormontato da un piccolo globo crucigero. Le tre corone sovrapposte della tiara papale indicano il triplice potere del pontefice: Padre dei principi e dei re, Rettore del mondo, Vicario di Cristo in Terra. L’ultima cerimonia di incoronazione papale con imposizione della tiara vi fu nel 1963 in occasione dell’elevazione al Soglio di papa Paolo VI, che cessò successivamente l’uso dello storico simbolo pontificio. La tiara, che venne creata dallo scultore e cesellatore Renato Valcavi della poliartistica Istituto Beato Angelico di Milano, venne messa in vendita e acquistata dal cardinale Francis Joseph Spellman, arcivescovo di New York, utilizzandone il ricavato per le missioni africane. L’uso del triregno fu sostituito con quello della mitra. Il pastorale è un bastone simbolico, dall’estremità ricurva e spesso riccamente decorata, usato dal vescovo nei pontificali e nelle cerimonie più solenni. Richiama il legame tra il pastore ed il suo popolo. Il messale è un libro liturgico contenente tutte le informazioni necessarie al celebrante per la celebrazione della Messa o Eucaristia secondo l’anno liturgico. La stola è un paramento liturgico utilizzato dai vescovi, dai presbiteri e dai diaconi della Chiesa cattolica e di altre comunità cristiane di tradizione occidentale. Alla stola si attribuisce il significato di richiamo sia al dolce giogo di Gesù («poiché il mio giogo è dolce e il mio carico leggero», Mt 11,30), sia ai «fiumi d’acqua viva che scendono sugli eletti» (Gv 7,38), come anche alla sapienza e pazienza necessarie al sacerdote per compiere il proprio ministero nell’interpretazione di papa Innocenzo III che riprende Eb 10,36. Il manipolo è un paramento liturgico adoperato nei riti latini della Chiesa cattolica e occasionalmente nei riti anglo-cattolici e luterani. La berretta, detta anche tricorno, è uno dei molteplici copricapi utilizzati dal clero cattolico. Ha forme squadrate e presenta tre alette rigide e un fiocco sulla parte superiore. Tale copricapo viene indossato in tempi definiti dalle rubriche anche all’interno delle celebrazioni sacre, in processioni e funzioni all’aperto. È particolare invece l’utilizzo si compie nella processione iniziale della messa di consacrazione episcopale. I candidati all’episcopato fanno ingresso nella cattedrale indossando i paramenti della Santa Messa e in capo la berretta paonazza. La berretta fa parte dell’insieme di abiti e insegne ecclesiastiche di presbiteri, prelati, vescovi, cardinali. Pertanto se a questi è chiesto esplicitamente (in protocolli religiosi o civili) di presentarsi con l’abito corale, dovranno avere in capo oltre che lo zucchetto, anche la berretta.

Nei pennacchi sono raffigurati i quattro evangelisti: San Giovanni, San Matteo, San Luca e San Marco. Il Vangelo narrato tramite il linguaggio simbolico. Il viaggio continua con l’edicola dedicata a Santa Maria Goretti, costruita nel 1954, qui si può ammirare l’antica fonte battesimale in legno e stucchi, nella parte superiore è visibile una piccola tela raffigurante il battesimo di Gesù nel Giordano (Mt. III, 13-17) Il cielo è affrescato con ovali che contengono angeli. Di qui proseguendo in senso orario, incontriamo in una nicchia in legno Sant’Antonio di Padova e San Giuseppe, passando oltre troviamo l’altare di Sant’Eleuterio.

Sotto l’altare è posta una statua raffigurante il Sant’Eleuterio morente. Nel cielo di questo braccio è dipinto Mosè che indica il serpente di bronzo, chi lo guardava guariva dal morso velenoso dei serpenti (Mosè –I Numeri, XXI, 4-9), si ricorda che Sant’Eleuterio è ritenuto protettore dei morsi degli animali velenosi. L’altare successivo è quello dedicato al Sacro Cuore di Gesù, fino alla metà del secolo era dedicato al Santissimo Sacramento. Continuando la nostra visita incontriamo due amboni in marmo, furono realizzati nel 1965 dov’erano gli altari dell’immacolata e di San Giuseppe da una ditta di Ceprano. Il primo altare, cioè quello dell’Immacolata, all’epoca della costruzione della chiesa, era di patronato del canonico Germani, come si può notare vi sono due stucchi al lato di esso che rappresentano lo stemma della famiglia del canonico, l’attuale tela raffigurante l’Immacolata è stata realizzata dall’artista locale Alberto Pelagalli. L’altro, cioè quello di San Giuseppe agli inizi dell’800 era di patronato della famiglia Pescosolido; la pala rappresenta la Sacra Famiglia con San Giovanni Battista.

Dalla relazione della visita compiuta nel 1603 dal vicario diocesano Felice Veltronio s’apprende che la chiesa era dotata di quattro altari. La prima pietra della nuova collegiata venne posta nel 1702; i lavori di costruzione terminarono con la consacrazione della chiesa, celebrata il 17 dicembre 1744 dal vescovo di Aquino e Pontecorvo Francesco Antonio Spadea. Il campanile di sinistra fu portato a compimento nel 1819, mentre quello sulla destra è più recente, essendo stato edificato nel 1954.

Nel 1988, in occasione dell’Anno Mariano, sul sagrato della chiesa venne posta la Madonna dell’Ulivo, con la seguente iscrizione:

Se l’odio si fa vivo

il ramoscel d’ulivo

porgi ai tuoi figli d’Arce

o Regina della pace

Parroco A. Marciano settembre 1988

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